ASPETTANDO L'ALBA

Terrificante. Come quei film dell’orrore che mi sono sempre rifiutata di guardare per intero. Eppure è successo tutto quello che non avremmo mai immaginato potesse accadere.

Non nella realtà, almeno. Non nella quotidianità di ciascuno di noi, scandita da ritmi frenetici, difficili da conciliare con tutto il resto ma in fondo buoni perché vitali. Paura, angoscia, immagini di malattia e morte ovunque, città deserte, di una bellezza e di una crudeltà assoluta per i nostri occhi e per le nostre memorie da passato prossimo.

Ecco, non me la sono sentita di scrivere. Non ci ho neanche provato. Nessun pensiero leggero.

Solo una grande, immensa incredulità di fronte a tutto quello che stava accadendo. E una profonda tristezza per quello che, in ogni caso, sarebbe stato.  E, ad oggi, è. Cioè mascherine da indossare ovunque, distanza di sicurezza, contatti fisici limitati con persone che non siano conviventi. Al netto di tutto, una incredibile limitazione della libertà personale. Solo il tempo ci dirà cosa sia veramente accaduto e se tutto questo sia necessario, quanto e in che termini.

Ora c’è solo questa lunga notte buia che sembra infinita. Si vede la luce ma non sappiamo se sarà solo una temporanea pausa dal virus e dalle nostre vite o no.

Cosa ho fatto in questi mesi?

Come tutti, credo, ho avuto un’attenzione maniacale per il mio stato di saluto. Misurato la temperatura più e più volte al giorno.Imbottita di vitamine per aumentare le difese immunitarie. Ascoltato e visto tutti i telegiornali e trasmissioni possibili sull’andamento della pandemia, il numero dei morti, i contagiati, i ricoverati in terapia intensiva, i  pazienti monitorati a casa propria.

Ho disinfettato casa ogni giorno come se fosse un luogo contaminato da chissà cosa e, ad un certo punto, mi sono resa conto di non riuscire più ad ascoltare musica, ero troppo tesa e concentrata su tutto quanto riguardasse il virus. E poiché la musica è costante, gli stati d’animo emergono, naturalmente.

E’ stato allora che ho capito di dover cambiare routine, così non andava bene. Ho smesso quasi completamente di guardare la televisione, mi sono tenuta aggiornata leggendo le notizie online due volte al giorno, al mattino e alla sera, non una volta di più. Ho cominciato a raccogliere, finché ce ne sono state, le violette nel mio giardino. A farne dei piccoli mazzetti, legati con del filo color lavanda e donati alle persone vicine. Chiaccherato con i vicini, quelli più vicini, telefonato a due anziane ed eleganti signore, che abitano sole poco più in là, per sapere come stessero e se avessero bisogno di qualcosa, spesa o farmacia. Guardato la natura in giardino che indifferente e impavida ha continuato a risvegliarsi, come ogni primavera e il cane Jack, ad annusare l’aria, come ogni anno in questa stagione. Come se nulla di diverso stesse accadendo. Ho cucinato molto nel primo mese, piatti che desideravamo mangiare da tempo ma che non avevo il tempo di preparare. Ricette lette, rilette e studiate sulle mie amate riviste, Sale&Pepe che ho imparato a conoscere da nonna Carla, la nonna di una mia carissima amica con la quale ho vissuto ai tempi dell’Università e Cucina Italiana, perché esiste da prima che io nascessi, perché rappresenta la nostra tradizione ma è anche terribilmente attuale.

Ho acquistato su Amazon di tutto: dalle mascherine, ai cosmetici irrinunciabili come il Latte detergente del Dr Hauska, a una serie di libri che ho iniziato a leggere tre alla volta e, al momento, terminati solo un paio.

Ho recuperato da un cassetto un quaderno ancora intonso, tutto colorato, acquistato a Vilnius, la cui copertina ha per titolo LIFE IS BEAUTIFUL e ho iniziato a scrivere la mia lista dei desideri su cosa avrei voluto fare, vedere e acquistare quando il lock-down fosse terminato. L’ho compilato con tutta l’attenzione e la consapevolezza possibili, come se fosse un compito da eseguire ogni giorno. E così più o meno o fatto.  Poi, ad un certo punto, mi sono resa conto di aver esaurito i miei desideri e che, in fondo, il desiderio più urgente era quello di tornare a vivere la nostra vita, nella sua quotidianità.

Ho guardato in TV commedie americane, gialli piacevoli, ho seguito Geo&Geo devotamente e guardato più di un documentario sulla vita dei pinguini, che mi sono sempre stati simpatici, sin da quando mi leggevano, da piccola, la storia di Pablo, il pinguino freddoloso, ma che adesso amo profondamente.

Mi sono innamorata di Cary Grant (confessandolo apertamente a mio marito, il quale, sollevato, ha commentato con partecipazione “Purtroppo, Cary ha lasciato la festa”) rivedendo in tv molti dei suoi film di cui ho adorato Visone sulla pelle, Intrigo internazionale, Un marito per Cinzia solo per citarne alcuni.

E che non si dica che George Clooney è il suo erede. Al di là di una vaga (e voluta, ricercata?) somiglianza fisica, Cary Grant aveva, almeno in video, una classe e un’eleganza inarrivabili.

Ecco, ho fatto una sacco di cose semplici, persino sciocche, talora inutili. Tuttavia per me ha funzionato così. Giornate lente, scandite da ritmi mai sperimentati prima. Giornate anche pieni di pensieri, di preghiera per chi stava soffrendo e lavorando. Di contatti telefonici, via whatsapp, via Skype con amici, familiari, vicini e lontani.

Con la speranza di una nuova alba dopo la notte più buia.

Marie