Kokedama, perle di muschio sospese: Maria Grazia Borgnolo

Semplicemente incantevole. Questo ho pensato la prima volta in cui mi sono imbattuta in un'installazione di kokedama di Maria Grazia Borgnolo. Era un giorno di maggio già piuttosto caldo di un paio d’anni fa, ad Orticola, Milano. Ho sentito un tintinnio che, istintivamente, ho seguito, e così li ho visti: piante viventi avvolte in una sfera di muschio che funge da vaso, appese ad alberi con fili di nylon e fluttuanti nell’aria. Quel tintinnio era dato da piccoli sonagli applicati ai kokedama. E, all’improvviso, mi sono trovata immersa in una sensazione di estremo benessere. C’era molta bellezza. Mi sono fermata ad osservare, ad ascoltare, evidentemente abbastanza a lungo. Maria Grazia mi ha vista da lontano e si è avvicinata. Così ci siamo conosciute. Ci siamo scambiate i riferimenti e scritte ogni tanto. Nel tempo la fascinazione per questa tecnica che a me pare sfiorare l’arte non è diminuita, anzi… Così ho pensato di chiedere direttamente a Maria Grazia di raccontarmi qualcosa in più di cosa fa e di condividerlo con voi. Come si definirebbe? MG: Vorrei definirmi un' esploratrice di arte tribale... Negli anni 90, quando ancora l'etnico non faceva moda, ho avuto una galleria dove ho organizzato e curato diverse mostre sui tessili e oggetti da collezione di culture dell'Estremo Oriente, Africa e Australia. M: E’ molto interessante anche se sembra distante dalla tecnica kokedama. MG: In realtà, è stato proprio questo universo di riferimento che mi ha lentamente portata vicino alla cultura giapponese, così essenziale, apparentemente semplice, wabi sabi, e ad appassionarmi alla tecnica kokedama, l’arte di comporre piante viventi in una sfera di muschio che funge da vaso, così che il kokedama possa essere appeso e fluttuare nello spazio. M: Ci può parlare dei kokedama? Cosa sono e qual’è la loro origine? MG: La tecnica kokedama nasce dalla tradizione giapponese del culto del muschio. Si tratta di porre delle piante vive in una sfera di terre, argille e altri materiali (ogni maestro ha la sua ricetta), usando terricci speciali giapponesi che consentono alle piante e al muschio di vivere nutrite, con una crescita continua, ma limitata nell'ampiezza. Le piante non sono bonsai, cioe' sono integre nelle radici. Una delle leggende popolari racconta che nel Medioevo, un contadino giapponese di poverta' assoluta, in un contesto in cui la gente non poteva permettersi di comprare i vasi in coccio, sviluppo' questo sistema di vaso naturale ed economico! I kokedama vengono a volte appesi nei pressi o nel tokonoma, la piccola alcova rialzata, dove si svolge la cerimonia tradizionale del te'. M: Hanno una storia antica e ricca di fascino, dunque. MG: Sì, ma il fascino piu' sottile di queste tecniche e ambientazioni va cercato nei templi giapponesi dedicati al muschio o nei giardini del te'. Sono dei templi di bellezza e semplicita' infinita, dove “l'erba dei ricordi” circonda queste piccole costruzioni in legno. Giardinieri specializzati e molto pazienti curano boschi di muschio (anche con le pinzette), la cui bellezza e' data dalle ombreggiature del sole fra gli alberi, (“questa luce che cade dagli alberi”, ogni albero proietta una sua ombra e vibra al vento in modo diverso) e dalle sfumature dei diversi tipi di muschio, abbinati ad alberi dai diversi colori (per esempio l'acero o i pini dal tronco rosso). Naturalmente le immagini e le filosofie giapponesi a riguardo sono infinite, ma poco comprensibili dalla nostra cultura occidentale, se non desideriamo immergerci in esse. Abbiamo culture profondamente diverse. E'un dato di fatto. Questo può essere un limite ma anche uno stimolo per un atto di comprensione che sia autentico, sentito. M: Perchè continua a fare i kokedama? MG: Comporre i kokedama è un aspetto del mio bisogno di lavorare con le mani e avere a che fare con la natura. Ciò rispecchia la mia natura selvatica, ho fatto molte cose da sola fra cui viaggi in paesi lontani non proprio turistici. Ho iniziato a fare kokedama circa cinque anni fa per curiosità. Ho sperimentato molto, con diversi tipi di piante e mescole di terricci e materiali. Ho scoperto come reagiscono le diverse piante e come rendere questo particolare habitat ideale per loro. Ad esempio, quando “denudo” la pianta, cioè quando tolgo la terra e resta solo la radice, mi chiedo sempre cosa quella radice “desideri”. La parte più zen del fare kokedama la trovo quando pulisco il muschio, prima di usarlo e alla fine; nel muschio si trovano molte cose e ha diversi profumi, forme, colori. Una texture naturale che cambia costantemente. La mia è un’interpretazione della tecnica giapponese ed è sempre una sorpresa piacevole quando i clienti mi dicono che le loro piante stanno benissimo dopo tanti anni. M: Immagino sia una grande soddisfazione per Lei. Ora, prima di concludere, vorrei Lei rispondesse ad alcune domande, in perfetto Lostiledimarie: M: Il suo libro preferito MG: Maghi e mistici del Tibet di Alexandra David Neel. M: Il suo luogo del cuore MG: Le piccole chiese votive di campo, meglio se abbandonate. Ce n’è una in particolare in Croazia, dove si può arrivare solo a piedi. M: Il suo cibo del cuore MG: Il mango (dai tre sapori). M: Infine, il suo profumo preferito MG: Quello di erba. ----------------------------------------------------------------------------------------------- Vorrei ringraziare Maria Grazia per aver condiviso con me ed ora con voi gli aspetti più personali, a tratti intimi di un fare, di un’arte antica, che parla di una sensibilità e di una ricerca continua. Potete seguire Maria Grazia Borgnolo su kokedama&Co http://mgbwabisabi.blogspot.it/ e contattarla all’indirizzo: walkabout_ud@libero.it A presto,
Marie