La fine delle vacanze e il canto delle cicale

Ecco é andata così: il giorno prima del nostro rientro in Italia ci siamo accordati con gli amici più cari per vederci l’indomani mattina per i saluti. Loro, tre italiani, F. un artista, D. e S. Una coppia di intellettuali con la passione per la letteratura, il cinema e il teatro, vivono in Francia tutto l’anno. Appuntamento fissato nell’atelier- laboratorio di F.alle nove- nove e mezza- dieci del mattino ( perché in Provenza é tutto molto più lento e noi ci sentiamo dei veri bohemiennes). In realtà mio marito ed io ci siamo alzati piuttosto presto per mettere in valigie straripanti le ultime cose. Alle otto e trenta ero la seconda cliente della farmacia locale per fare scorta di farmaci da banco e rimedi omeopatici, perché in Francia costano decisamente meno. E poi sono andata in panetteria, ho acquistato una meravigliosa Tropezienne, una torta a base di pan di spagna e crema pasticcera. Lo dico sempre alla moglie del panettiere che la loro Tropezienne é superbe, molto simile a quella stratosferica che acquistiamo ad Avignone in una famosa pasticceria. La signora mi ringrazia, compiaciuta e imbarazzata, orgogliosa dell’opera del marito. Sono anche passata in edicola per i quotidiani e qualche rivista. Camminando per le viuzze ho provato già una certa nostalgia di quel luogo e di volti divenuti nel tempo noti e qualche volta amici. Un quarto d’ora dopo io e mio marito abbiamo varcato la soglia dell’atelier di F. e, come spesso accade, abbiamo sentito un intenso profumo di caffè, rigorosamente italiano e fatto con la caffettiera. Sì, in quell’atelier dove si incontra mezzo mondo e ci si re-incontra, accolti dall’amico F con il garbo e l’ironia che lo contraddistinguono, ci sentiamo a casa. S. e D. hanno avuto la nostra stessa idea e hanno acquistato una quantità non banale di croissants ancora caldi. E così abbiamo fatto colazione tutti insieme. Parlando, come sempre, di libri e film letti e visti, mai letti e mai visti...abbiamo riso come matti, al loro racconto della cena a cui sono stati invitati la sera precedente da un colto francese del luogo che ama l’Italia, la nostra lingua e cultura...il signore in questione, che noi abbiamo solo visto una volta, in effetti un tipo piuttosto originale, sembra avere una conoscenza del nostro Bel Paese così puntuale, precisa quasi pignola da risultare imbarazzante e un pò noiosa...F. ha confessato con fare sornione di essersi assopito più volte nell’immediato dopo cena e di poterlo fare considerata l’età ( di noi cinque é il più “vissuto”)... in effetti se ne sono accorti tutti tranne il loro ospite...E come per magia, proprio mentre ne stavamo parlando, lui si é palesato con la sua figura un pò inquietante, facendo capolino in atelier e portandoci una locandina di una mostra di qualche anno fa al Museo d’Orsay di Parigi che s’intitolava “Vedi l’Italia e poi muori”...Abbiamo ringraziato per quello che voleva essere un gesto gentile, però... Dopo che lui” si é congedato abbiamo chiaccherato ancora un pò, come se fosse un giorno qualsiasi e non quello della nostra partenza...ci siamo salutati e abbracciati tutti almeno tre volte in un’ora, fuori sulla piazzetta, pronti a salire in macchina noi due ma ancora una cosa da dire, qualcosa da ascoltare e di cui sorridere, la promessa di vederci presto, in Italia, quando i tre torneranno per le loro vacanze... Alla fine, siamo partiti. Immagini di un luogo amato, un luogo del cuore, che scorrevano davanti ai nostri occhi e già molti nuovi ricordi che prendevano il loro posto accanto agli altri, in modo delicato e gentile. Soprattutto malinconico. Ed ecco che suona il mio cellulare. E’ il numero di S. Che succede? Io e mio marito ci guardiamo con un punto interrogativo nello sguardo. Rispondo, sorrido, ascolto. “Dobbiamo tornare all’atelier, abbiamo dimenticato lo zaino con i nostri computers, anche il mio foulard di seta color pesca è rimasto là”. Una sorta di lapsus? Invertiamo il senso di marcia, a ritroso torniamo. Un buon pretesto per abbracciarci di nuovo, volti sorridenti e mani che si muovono, fendendo l’aria per salutarci. Ci mancheranno, ci mancheremo. Così come mi manca il canto delle cicale che là é assordante e onnipresente nelle giornate calde e lunghe, quel frinire che mi riporta ogni volta in quella amata terra di Provenza, che ogni anno si disvela un pò di più e ci dona emozioni e ricordi. Come questo. PS: Avrò tempo, almeno tutto l’autunno e l’inverno, per farmi cullare dai ricordi estivi di Provenza. Li centellinerò, con me stessa, come fossero praline di cioccolato morbido, perché é un grande piacere scivolare sulle parole giuste per dire, raccontare la dolcezza di quei giorni.  
Marie